Thursday 5 November 2009
UNA MATTINA TRASCORSA IN UN OSPEDALE PER LEBBROSI A CALCUTTA
Oggi è una giornata particolare. Me la ricorderò per tutta la vita. L’ospedale è specializzato nella cura dei lebbrosi. Verso le 9 del mattino iniziano le medicazioni dei pazienti. Ci sono uomini e donne. Sono 70 i posti letti, anche se qualcuno prende posto su materassi sistemati per terra tra due letti. Dalle fasciature non si nota quello che in realtà si nasconde sotto. Qualcuno ha delle ingessature che hanno una staffa di metallo alla base per permettere al paziente di camminare. Alcuni gessi hanno dei buchi e all’inizio non capisco perchè. Poi scopro che sotto quei buchi si nascondono le ferite della lebbra. E devono essere lasciate scoperte per le medicazioni. Quando le infermiere e i pazienti si scoprono le ferite, una scena veramente orribile comincia ad alzare il sipario. Un signore ha l’alluce, in pratica, spaccato in due parti, molti hanno le dita dei piedi atrofizzate, ad un altro, in corrispondenza della caviglia, si vede la carne viva di colore rosa. E’ come se qualcosa gli avesse mangiato quella parte del corpo. Impressionante!!
Una signora ha le dita di un piede completamente consumate. Su un altro letto un paziente ha delle ustioni gravi sul petto e sulle braccia. La scena è molto forte. Le piaghe della pelle fuoriescono e sono di colore rosso vivo. La moglie gli è vicina e lo sostiene. E la sua emotività traspare in tutto il suo dolore. Un ragazzo ha subito un’operazione e gli è stato fissato al piede un sostegno in metallo che gli trapassa il piede e la caviglia da una parte all’altra.
Un signore ha due tagli profondi nella parte bassa della gamba e il piede è in una situazione disastrosa. Durante la medicazione stringe i denti e dal suo viso la sofferenza che sta provando è così chiara. Le ferite sono molto profonde e l’infermiera è costretta a medicare in profondità. Un amico gli tiene la gamba. Comincia a piangere per il dolore. Vorrebbe tirar via il piede per sottrarsi a quell’atrocità. Gli altri pazienti assistono alla scena, la porta è aperta. La privacy sembra non esistere . Tutti hanno diritto ad assistere al dolore. Tutti sono sofferenti. E l’indifferenza verso queste persone è disumana.
Un ragazzina di 12 anni ha delle ustioni sulla pancia, sulle gambe. La mano è attaccata alla pancia e non può muoverla. Durante la medicazione si dimena. Le accarezzo la testa per farla stare più tranquilla. Quanto mi dispiace per tutto per questo. Mi sento veramente impotente con la mia macchina fotografica attaccata al collo. Qualche istante prima le avevo fatto delle fotografie che le avevano regalato dei sorrisi ed ero contento per questo. Ma ora invece di quel sorriso c’è la sofferenza.
Vado via vedendola piegare degli stracci verdi seduta al tavolo. La saluto e lei mi saluta sorridendomi. Non lo dimenticherò mai.
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ciao marco..che emozione leggere il tuo racconto mi sono commossa tantissimo,non dovremmo dimenticare nessuno che tutto questo esiste anche se ci troviamo ...dall 'altra "parte"!GRAZIE PER IL TUO PREZIOSO CONTRIBUTO.Rossella.
ReplyDeletevedi...non penso che la mancanza di privacy equivalga ad indifferenza...sicuramente tu sei stato in quella situazione e puoi parlarne meglio...pero credo che noi veniamo da una organizzazione sociale dove il malato viene emarginato. nel nostro piccolo poi ci battiamo tanto per difendere la nostra bolla privata. quella gente probabilmente vive a contatto con il dolore da cosi tanto tempo che a te sembra indifferenza mentre forse e' solo assuefazione...e credo che nella loro semplicita possono insegnarci molte cose come l'apprezzare le piccole cose...una carezza, un sorriso, un saluto...ti seguo sempre stampellone continua cosi e "ruba" gli insegnamenti che il contatto con un altro mondo ti sta dando e diventane portatore!a presto.andrea
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