Saturday 31 October 2009
CALCUTTA: UNA CITTA’ CHE NON TI ANNOIA
Passeggio la mattina presto e vedo tante persone che si lavano vicino le fontane pubbliche. Si lavano i denti con un ramoscello e si insaponano con la saponetta. Si risciacquano con l’acqua raccolta in un secchiello. E subito dopo lavano i panni. C’e’ un’atmosfera molto movimentata, anche se i negozi sono ancora tutti chiusi. I macellai tagliano la carne fresca all’aperto su dei tronchi di albero, delle donne cercano di raccogliere da un mucchio di spazzatura quello che può servire. Ci sono anche dei venditori di pesce. La puzza di diffonde nelle strada. E’ la prima volta che vedo il pesce per strada venduto accanto alla frutta e ai vegetali. Camminando una ragazza è stesa per terra sulla strada accanto al marciapiede. Indossa un paio di pantaloni gialli e una maglia bordeaux con delle decorazioni di colore argento. Sono tutti sporchi, con la mano si copre il viso, forse cerca di coprirsi dalla luce per dormire o forse cerca di non sentire la fame. E’ molto magra e la sua pelle mostra i segni della sofferenza. Qua è una cosa normale. La gente non ci fa caso e va avanti dritta per la sua strada. Un signore dorme accovacciato sul marciapiede con il suo cappellino islamico di pizzo bianco e la mano protesa con poche rupie che vengono fatte brillare dalla luce del sole.
Ci sono varie baracche costruite sul marciapiede dove la gente vive. Una ragazza spacca con un’accetta dei pezzi di legno e lo sa fare molto bene. Quella legna viene venduta e grazie a quei soldi una famiglia può mangiare. Incontro una ragazza che sta cucinando del riso con una padella sistemata sul fuoco acceso con della legna. Il fumo è soffocante. Ha è un bel vesito nero e bianco ed è curata. Lei studia arte in una scuola locale e vive nell’ostello. Sta aiutando la famiglia che vive per strada, sua sorella, 21 anni, si è sposata 6 anni fa e ha già due figli.
Un signore dà da mangiare ad una pecora delle foglie accanto alla strada. Sul marciapiede ci sono una decina di persone che scrivono documenti con le macchine da scrivere manuali, mentre i clienti aspettano accanto seduti ad una sedia. Sembra di tornare indietro nel tempo. Ogni metro percorso può darti una sorpresa.
Friday 30 October 2009
CALCUTTA: UNA CITTA' PIENA DI CONTRADDIZIONI
La prima idea che mi sono fatto di calcutta e' che e' una citta' dove l'estrema poverta' della gente che vive in mezzo alla strada si scontra con la classe media e ricca. Piu' che in altre citta' si notano le vetrine delle marche europee e americane di cellulari, automobili, vestiti, ecc., ma al di la' del marciapiede la gente povera chiede l'elemosina e si chiede perche' non ha una casa dove dormire o un pezzo di pane da mangiare. E' una strana sensazione che si prova, si e' un po' disorientati.
Monday 26 October 2009
AL DI LA’ OGNI IMMAGINAZIONE
Varanasi è una città piena di scoperte. L’impatto è molto forte. Le persone del luogo ti rompono le scatole in continuazione e cercano in ogni modo di spillarti dei soldi. I barcaioli che ti chiedono di fare il giro in barca, gli spacciatori che cercano di venderti le droghe, le ragazzine che cercano di venderti la puja, un cestino fatto di foglie, riempito con dei petali di fiori e una candela, che viene accesa dopo il tramonto e lasciata scivolare sul pelo dell’acqua del Gange, i massaggiatori improvvisati che ti prendono la mano e cominciano a massaggiartela sperando di venderti un massaggio. E poi ancora i mercanti delle bancarelle che ti opprimono, i santoni che cercano l’elemosina. Ma nonostante ciò Varanasi offre uno spettacolo unico al mondo. Sulle gradinate che corrono lungo il Gange si svolge la vita spirituale di tutta la città. Al mattino presto gli indiani si bagnano nel fiume purificandosi, bevono l’acqua sporchissima di un colore marrone torbido. Sul pelo dell’acqua si vede di tutto, fiori, sacchetti di plastica, rifiuti di ogni genere. Ma loro non si curano di tutto ciò. Il Gange è il loro fiume sacro e per loro fare il bagno in queste acque è un’esperienza mistica, di purificazione. Non ci sono limiti di età, bambini, adulti, donne. Molti si lavano con il sapone e si sciacquano alla base della gradinata, il loro corpo apprare bianco avvolto dalla schiuma del sapone e quando l’acqua scivola sui loro corpi, la pelle scura viene in risalto.
In ogni momento si ha la sensazione di essere in un posto speciale. Ma il posto che più colpisce è il luogo dove avvengono le cremazioni pubbliche. Ogni giorno vengono bruciate fino a 300 persone. Il corpo viene portato in processione su una barella di bambù e immerso nel Gange. E’ avvolto da un sudario. Intanto una catasta di legno viene preparata sulla quale viene appoggiato il corpo. Altra legna viene appoggiata sopra. Il fuoco viene acceso e brucia per tre ore finchè tutto il corpo non è ridotto a cenere. Il capo e i piedi spuntano dalla catasta e i fumi si innalzano formando dei vortici e delle spirali. Il figlio maschio che ha la testa rasata con un ciuffetto di capelli sul retro assiste al rito e vi partecipa. Le fiamme si ergono alte. I cumuli sono tanti, anche 10 insieme. L’odore del fumo è penetrante. Tutto intorno è pieno di legna. Delle persone la trasportano dalla mattina alla sera sui loro capi, si muovono lentamente sui gradini, risalgono un gradino, poi barcollano cercando l’equilibrio e ripartono per un altro gradino. I famigliari assistono a tutto il rito e la gente del luogo siede sui gradini chiacchierando o fumando. Una scena che non ti lascia indifferente.
Sunday 25 October 2009
Wednesday 21 October 2009
BHARAPTUR: UNA GIORNATA TRANQUILLA
Dopo Agra, oggi ho bisogno di un po’ di riposo. Dedico la mattina alla visita della città di Bharaptur, dove attualmente alloggio. Dopo 30 minuti di cammino raggiungo il bazar, cioè la via commerciale, dove la vita locale pullula ogni giorno.
Sulla mia destra un bel negozio di barbieri decora il marciapiede. Con i loro specchi appesi sul muro, sembra di stare in un negozio Tony e Guy. Le sedie di legno dove i clienti si accomodano spiccano per il loro colore blu acceso. I barbieri sono impegnati a usare le loro lame taglienti, il bianco della schiuma da barba lascia via via spazio libero alla pelle rasata pulita e profumata. Ciuffi di capelli abbelliscono il marciapiede e le forbici un po’ arrugginite si aprono e chiudono con un suono ripetitivo che ipnotizza. I guidatori di risciò sono sempre pronti a catturare potenziali clienti e, quindi, potete immaginare quante volte devo dire: ‘no grazie’. Mi accorgo che sono il solo turista e la situazione comincia a piacermi. Amo questi posti. Le persone sono reali e molto amichevoli. I ragazzini mi salutano, con la loro curiosità nei miei confronti. Le bancarelle di dolci prosperano in questa città, sono molto allettanti, non tanto le centinaia di insetti che vi sono posate sopra, che formano però una interessante composizione geometrica. Numerosi sono i colori e le forme. Dolci sferici, cubici, parelloidi, un’esplosione di bontà e di dolcezza.
Camminando sulla via trafficata, con decine di risciò e moto che ogni volta ti sfiorano, mi fermo davanti ad una bottega di un fabbro. Un ragazzino dall’aspetto molto pulito, con il suo viso immacolato, con un martello riduce a piccoli frammenti dei carboni, che servono per alimentare il fuoco. Il fabbro, con un sistema molto arcaico, ma funzionale, pompa aria nel piccolo forno e con una pinza afferra un pezzo di ferro e lo pone tra i carboni ardenti. Il metallo è incandescente, una volta tirato fuori, un colore arancio e rosso acceso. Cominicia a batterlo con vigore, con le sue braccia esili, ma con la sua grande esperienza alle spalle. Il tintinnio del martello sul metallo incandescente risuona nella bottega. Mi sembra di tornare indietro negli anni, con i pensieri, con l’immaginazione. Ma mi accorgo che è tutto reale.
Una signora con un vestito rosso e il suo velo sul capo, distribuisce acqua, dietro una grata. Un vecchietto si avvicina assetato e da un buco la signora avvicina un piccolo catino alla bocca dell’anziano che si riprende dal caldo e riparte felice per la sua strada.
Una stradina sulla mia destra si snoda tra le case azzurre. Un bellissimo colore, che contrasta con il colore marrone dei mattoni nudi di certe case. Si respira un’aria tranquilla tra le mura del quartiere. Dei bambini mi vedono, cominciano a chiamarsi a vicenda e con ironia mi chiedono delle foto. Si sistemano sull’uscio di una porta di una casa abbandonata, si contendono il posto in prima fila. Andando avanti, tante biciclette sono parcheggiate a ridosso di un muro adornato dalla pubblicità dipinta a mano, formano quasi un mosaico ondeggiante. Due giovani mucche di colore chiaro si riposano per terra, mentre un enorme toro legato al muro da una catena si ciba di spazzatura all’ombra. Intravedo una bambina appoggiata alla porta blu della sua dimora. E’ scalza, indossa un vestitino giallo arancio, con delle parti di merletto, con due favolosi bottoni al centro. E’ molto timida, vorrebbe quasi allontanarsi e rientrare a casa. La mamma si avvicina a lei e la incoraggia. Mi osserva e mi sorride con il suo viso così fanciullesco e innocente. Il fratellino maggiore le è accanto con un braccialetto rosso e la sua camicia blu, che per metà fuoriesce dai suoi pantaloni.
Un quadro realista, colorato. Un salto indietro nel tempo. Impressionante.
Tuesday 20 October 2009
AGRA: UNA CITTA' DAI MILLE VOLTI
Appena arrivato ad Agra si respira subito un'aria da citta' turistica e caotica. Una citta' molto sporca e con tanto traffico. La prima puntata e' dedicata alla visita del Forte, caratterizzato dalle sue imponenti mura di colore rosso alte 28 metri. Non mi entusiasma eccessivamente. Sara' forse perche' e' pieno di turisti e io non amo molto i luoghi turistici. Uscito dal forte mi dirigo verso la citta' vecchia dove passero' la maggior parte del mio tempo. Sulla strada intravedo una baraccopoli e penso di farci una puntata veloce. Ma all'ingresso 6 ragazzini tutti sporchi si avvicinano. All'inizio sembrano amichevoli, ma poi cominciano ad avvicinarsi e a chiedermi soldi, cioccolata, sono irruenti, cercano con le mani di aprirmi le tasche laterali dei pantaloni, cerco di allontanarli e sono costretto a lasciare quel posto che avrei voluto vedere. Dopo un po' di sbattimenti riesco a togliermeli di dosso e ad uscire dal cancello. Sano e salvo.
La citta' e' un bazar a cielo aperto. Pieno di negozi e di gente che gira. Il caos e' incredibile. Ma e' qua che si svolge la vita reale degli indiani. E' qua che puoi vedere le espressioni delle persone, Una signora anziana con gli occhiali tondi mi incuriosisce, ha un vestito verde, cammina curva sul suo bastone. Si siede per farsi fotografare, come una modella.
Camminando intravedo la stazione dei treni e decido di entrare. I bambini dal finestrino del treno fermo, pronto per la partenza, giocano e tra le due sbarre parallele cercano di prendere aria. La classe dei sleepers e' stracolma, senza aria condizionata, ma e' qualla che la maggior parte delle persone si possono permettere.
Una giornata intensa, ma allo stesso tempo ricca di eventi e persone interessanti.
Monday 19 October 2009
IL SANTUARIO DEGLI UCCELLI VICINO AGRA
Ho dedicato la mia giornata alla visita del Keoladeo Ghana national park, un santuario degli uccelli, dove sono presenti più di 300 specie. Purtroppo quest’anno, siccome ha piovuto poco durante la stagione dei monsoni, gli specchi d’acqua presenti sul territorio sono pochi e di conseguenza anche il numero degli uccelli. Per avere maggiori specchi d’acqua sono costretti a pompare acqua. L’anno scorso c’era tanta acqua e si poteva fare il giro in barca. Ora il porticciolo delle barche è vuoto. Una lunga strada dall’ingresso porta verso l’interno del parco. L’inizio del parco sembra quasi una savana, un folto tappeto erboso con pochi alberi isolati, alcuni dei quali secchi dove gli uccelli si posano. Vedo molti uccelli che non conosco. Rimango affascinato dai loro colori e dal loro portamento. Un famiglia di aquile vive poco distante dalla strada, dei pappagalli verdi aprono le ali pronti per spiccare il volo. Lo specchio d’acqua è ricoperto da una vegetazione verde. Una tartaruga enorme si crogiola al sole. Si muove lentamente quando mi vede e si dirige per cautela verso lo specchio d’acqua. Vedi un serpente d’acqua che si volteggia nell’acqua alla ricerca di cibo e poi aironi e tanti altri. Molte antilopi si aggirano tra gli alberi e pascolano insieme alle numerose mucche. Nei campi di erba 6 ragazze indiane che si notano per i loro colori così vivaci tagliano l’erba e formano grossi cumuli. Li portano sui loro capi. Sono molto pesanti, ma camminano con una certa disinvoltura. Una piacevole giornata nella natura. Osservare gli uccelli e il loro comportamento è stato veramente piacevole.
Thursday 15 October 2009
IL DALAI LAMA NEL SUO PRIMO GIORNO DI INSEGNAMENTO
Tutta McLeod Ganj aspettava questo giorno. Tanti stranieri sono arrivati in città per la settimana di insegnamento del Dalai Lama. E’ difficile in questi giorni trovare un posto per dormire. Questa mattina alle 8 le strade erano già piene di gente che si dirigeva al tempio. La fila era lunga, ma la gente aspettava pazientemente. I controlli si sicurezza alla porta allungavano i tempi di attesa. Per fortuna grazie al mio press pass sono passato davanti. La gente era tutta raccolta ai piedi del tempio e sul piano superiore. Aspettava intrepida l’arrivo del Dalai Lama. E finalmente dopo oltre un’ora di attesa alle 9.25 arriva con la sua scorta e la gente lo acclama e si inginocchia. Armati di radioline gli stranieri sintonizzandosi su alcune frequenze potevano ascoltare la traduzione delle parole di sua eccellenza. C’era gente da tutto il monto, gruppi da Taiwan, Singapore, Romania, solo per citarne alcuni. L’atmosfera molto raccolta e di estrema attenzione.
Wednesday 14 October 2009
UN SALTO AL TCV DI LOWER DHARMSALA
Dopo l’ospedale faccio un salto al TCV di Lower Dharmsala. Stessa procedura. Prima tappa in ufficio del direttore per il permesso alla visita e poi, libero, comincio a guardarmi intorno. Nella scuola ci sono 730 studenti.
La prima tappa Ë la baby room. Circa 10 bambini di 2-4 anni giocano con la loro badante, si divertono a rivedere le foto che gli faccio dallo schermo della fotocamera. E anch’io sembro un bambino con loro. Un altro dorme nel lettino. Non me n’ero accorto e prima di andare via uno dei bambini mi dice di andare a fare le foto a lui. Non capivo cosa mi stesse dicendo, ma la badante poi mi ha spiegato. Tutti ridevano ed erano contenti. I sorrisi dei bambini ti regalano sempre dei momenti di gioia e di serenit‡.
Entro nell’art room e osservo appesi al muro alcuni quadri fatti dagli studenti. Alcuni ritraggono dei motivi riferiti alla libert‡ e comunque al tema dell’oppressione cinese, poi mi dirigo verso la stanza dove fanno il pane. Il panettiere mi racconta che ogni giorno si alza alle 3 di mattina e impiega circa 10 ore per fare il pane che viene usato per la colazione del giorno dopo. E’ sistemato su delle mensole e insieme sembra che formino delle celle. Ha la forma del pane in cassetta. Vedo delle signore tagliare vegetali di fronte la cucina. Lo chef che nel frattempo mi nota, mi invita nella sua cucina, mi fa vedere il magazzino e come preparano la paste per fare il pane della cena. E poi, con mia sorpresa, mi invita ad assaggiare quello che ha preparato per il pranzo. Riso bianco, una salsa a base di lenticchie della cucina indiana e poi un'altra pietanza a base di peperoncino, piccantissima. Tutto Ë squisito. Semplice ma molto saporito.
Un ragazzo che parla inglese mi fa compagnia. Scopro che Ë di Taiwan, Ë al TCv da solo 7 mesi. E’ venuto per imparare il tibetano perchÈ nel suo paese Ë una lingua che va molto in voga. Mi dice che a volte viene discriminato perchÈ considerato un cinese. Mi dice che volte gli verrebbe di ammazzare qualcuno, ma non puÚ perchÈ non sta nel suo Paese.
VISITA DEL TIBETAN DELEK HOSPITAL
Il Tibetan Delk Hospital si trova a meta strada tra Dharmasala e Mcleod Ganj vicino al segretariato del governo tibetano in esilio. E’ un ospedale tibetano. la maggior parte dei pazienti ricoverati sono tibetani,, ma la struttura Ë aperta tutti, indiani e stranieri. E’ una struttura abbastanza fatiscente e fu costruito grazie a dei finanziamenti del ministero degli Esteri italiano. La struttura si sviluppa in due palazzine situate una di fronte all’altra. Si effettuano varie analisi cliniche, quali raggi x, sigmoidoscopia, gastroscopia, electrocardiogramma, analisi chimiche computerizzate, ultrasuoni e il test HIV. Nell’ospedale Ë presente un ampio reparto per la cura della tubercolosi, con 25 letti disponibili, che fa parte di un ampio progetto su questa malattia esteso a tutta la comunit‡ presente in India. Questo progetto consiste nel monitoraggio della malattia sul territorio, nelle forme di prevenzione con una opportuni mezzi di informazione e di propaganda e nella cura di essa nelle varie strutture ospedialiere. Questo progetto viene finanziato da un’associazione italiana, l’AISPO, Italian Association for Solidarity Among People.
Nell’ospedale si effettuano cure pediatriche, dentali, di immunizazione, contro l’ipertensione e le malattie oculari. Sono presenti 7 dottori, di cui sei generali e uno specializzato in tubercolosi e malattie polmonari, che Ë anche il dottore personale del Dalai Lama.
Visito in particolare il reparto tubercolosi, munito di mascherina, la quale mi fa respirare a fatica. Si trova al primo piano, e da sotto si vedono alcuni malati con la mascherina affacciati al balcone. Salgo su e mi trovo su un balcone con delle barrelle-letto sui quali alcuni pazienti sono seduti. Li saluto. Ci sono sia ragazzi giovani, che adulti, che persone anziane. Prendono le medicine ogni giorno per la cura della malattia. Un ragazzo mi dice che non sa ancora quanto tempo debba rimanere. E’ l‡ gi‡ da due settimane. Quando il test risulter‡ negativo, allora potr‡ andare via. Entro a vedere le camere. Una signora prega, una ragazza legge un libro, un signore anziano Ë steso sul letto, si vede che sta molto male, fa fatica a respirare, mi guarda con i suoi occhi spenti, vorrebbe alzarsi o dirmi qualcosa ma riesce a fare niente di tutto questo.
Una bandiera tibetana inneggia sul balcone, fiera di svolazzare con i suoi colori.
Sunday 11 October 2009
TREKKING VERSO LA CASCATA
Inizio la giornata con una buona colazione, the e apple strudel. Pronto per il trekking del giorno verso una cascata. Il percorso all’inizio Ë difficile, tanti scalini per salire. Una ragazza australiana e un ragazzo norvegese mi accompagnano. Nella prima parte sei cani ci seguono e ci fanno compagnia. Poi cerchiamo di allontanarli perchÈ ci intralciano il cammino. Dopo piu' di due ore arriviamo a destinazione e ci riposiamo un po’ bevendo un the caldo e consumando dei dolci tibetani, che avevamo comprato il giorno prima, in un cafË sistemato in una baracca di un indiano che vende anche omelette, biscotti, bibite e snacks. Poi decidiamo di risalire il corso del torrente per vedere meglio la cascata. Ci si arrampica sulle rocce e sui sassi isolati circondati dall’acqua che scende giu'_ a valle. In certi punti Ë difficile passare. Io decido di passare dall’alto, mentre gli altri continuano lungo il torrente. Arrivo nel punto in cui l’acqua scende e forma la cascata. La vista e' spettacolare e l’acqua Ë cosi' limpida, di un verde cristallino, si insinua tra le rocce, niente la ferma, lei continua a scendere impetuosa. Mi sdraio su una roccia, che forma una comoda sedia, un po’ dura, ma abbastanza confortevole. Ascolto i rumori della natura, gli uccelli che cantano, l’acqua che sbatte sulla roccia, il vento che soffia. Vedo le creature della natura, farfalle che mi svolazzano sopra la testa, rapaci che volano alti nel cielo, capre e pecore che scendono dal crinale insieme ai pastori. Mi sento cosÏ in pace in mezzo a tutto questo. Una giornata in mezzo alla natura ti ritempra e ti fa volare con i pensieri.
Saturday 10 October 2009
2 GIORNI INDIMENTICABILI TRASCORSI A CHAUNTRA
Arrivo con il taxi nell’atrio principale della scuola. Mr Gyalpo mi viene incontro e mi dà il benvenuto mettendomi al collo un foulard bianco. Mi accompagna nella stanza dove alloggerò e ci incamminiamo insieme per visitare la scuola. I primi bambini che incontro, vevendo il mio foulard, mi acclamano a gran voce. Rispetto ai TCV si vede che la struttura della scuola è in peggiori condizioni. La scuola, che dipende completamente dai fondi stranieri, riceve meno soldi. Le uniformi degli studenti sono più scadenti, ma noto che il sistema di educazione è fondamentalmente lo stesso. Non so ora la qualità. Nella scuola ci sono circa 370 studenti e oltre 40 persone di staff, tutti tibetani, a parte due professori e una donna tuttofare di nazionalità indiana. Ma solo l’aspetto esteriore sembra diverso, perché i bambini sono sempre calorosi e con lo stesso spirito. I ragazzi fanno pratica alla tastiera del computer, altri hanno la lezione di inglese, un monaco, nella sua classica toga, insegna buddismo, i bambini più piccoli imparano l’alfabeto. La scuola è nel pieno dell’attività. Una ragazzina mi chiede il mio nome e sembra divertita da come mi chiamo, e poi mi chiede anche il cognome, sembra che voglia sapere più cose di me, è curiosa, ma si ferma qua, guarda la sua amichetta e si mettono a ridere. Dopo pranzo mi trovo nel piccolo parco giochi dove i bambini si muovono come le formiche, presi dal divertimento. Un bambino si getta a pancia in giù dallo scivolo e altri lo seguono dietro. Sono impazziti. Cadono uno sopra l’altro sulla sabbia ai piedi dello scivolo e non si preoccupano della sabbia che sporca le loro uniformi. Si divertono da matti.
E’ presente un’autorità del governo danese che è uno dei sostenitori della scuola e, per l’occasione, la scuola ha organizzato uno spettacolo di danza, musica e canto. Il momento in cui ho sentito un brivido attraversare il mio corpo, 3 bambine tibetane intonavano insieme una canzone tradizionale e si volteggiavano nei loro vestiti tipici.
Ma l’incontro più importante è stato quello con il ragazzo adottato a distanza dal mio amico Bruno. Un ragazzo di 14 anni, con gli occhiali, timido che cerca di gurdarmi negli occhi, ma gli è difficile. Un ragazzo educatissimo ed istruito. A lui piace suonare la chitarra tibetana e vorrebbe studiare scienze, una volta terminata la decima classe. I suoi gemitori vivono lontani da lui. Si sentono al telefono ogni tanto e si vedono durante le vacanze di gennaio e febbraio. Suo padre lavora in una fattoria e ogni tanto va a dare una mano in un monastero della zona. A lui piace la scuola e si trova molto bene qua. Andiamo a fare un giro insieme dopo le lezioni. Mi porta a vedere un monastero là vicino e una piacevole aria fresca al tramonto porta con sé una atmosfera magica. E’ tutto così tranquillo qui intorno, così assolutamente spirituale. A cena andiamo in un ristorante tibetano e là incontro un ragazzo australiano che sta studiando buddismo al monastero. Per completare gli studi sono necessari 10 anni. E’ il solo straniero là in mezzo a tanti monaci. Lui parla tibetano e vive con una famiglia tibetana nel settlement là vicino. I primi mesi sono stati molto duri per lui, ma ora si è abituato a quello stile di vita. Lo ammiro per la sua decisione.
L’indomani mi alzo alle 5 per assistere nel vicino monastero alla preghiera mattutina dei 500 monaci che vivono là. Fuori è ancora è buio, il monastero è illuminato da luci gialle e da neon e i monaci si siedono nella loro posizione classica. Il suono della voce che prega crea un’atmosfera sublime e per circa 20 minuti va avanti. Intanto si comincia ad intravedere la luce del sole che si alza. In matinata visito anche il TCV, Tibetan Childrane Villane, l’ultimo costruito per volere del Dalai Lama nel 2004 e che ospita quasi mille studenti e circa cento persone formano lo staff interno. E’ presente anche un centro dove vengono accolti gli studenti meno capaci o con problemi di apprendimento. Attualmente sono presenti 23 studenti. Salendo incontro una ragazza con problemi mentali che mi fissa, ma non mi dice niente. Sono presenti tre corsi, il beginner, per i più piccoli o per quelli appena arrivati, il vocational, dove viene insegnato il mestiere del falegname o quello del sarto, e l’accademic, dove viene insegnato il regolare corso di studi, dal quale i ragazzi con buon profitto possono ritornare alla normale scuola del TCV.
La struttura è nuova e si vede che girano più soldi rispetto al CST. Molti bambini durante il break della mattina vanno a comprare le patatine, i noodles, il gelato. Molti non si curano di gettare nel cestino le confezioni di plastica, lasciandole sui tavoli o per terra. Non lo so, ma per la prima volta non ho avuto una piacevole sensazione e dopo un po’ di tempo ho lasciato la scuola per dirigermi verso il centro anziani per tibetani. Mi giro intorno e comincio ad incontrare i primi anziani. Mi salutano con affetto nel loro modo. Anch’io ricambio. Mi sento così preso da questa situazione. Regna il silenzio e la pace in questo posto. Salgo le scale e incontro una signora con la sua scodella piena di cibo. Un altro signore porta da mangiare a sua moglie che è costretta a stare a letto. Mi sorride, si sistema per farsi fotografare e io le sono molto grato. Scendo giù nella sala pranzo e una decina di anziani pranzano insieme, senza parlare, in silenzio, qualcuno prega mentre mangia. Piano piano, uno alla volta lasciano la stanza, pronti per andare a riposarsi nelle loro camere.
Il settlement che ospita varie famiglie tibetane è poco distante. Si respira anche qua un’aria di tranquillità. Passeggiando per il quartiere noto una signora anziana seduta su un lettino di fronte casa. La saluto. Intanto esce la nipote e la figlia. Mi chiedono di accomodarmi e mi offrono un the e dei biscotti. Sono così cordiali con me. C’è anche un monaco amico di famiglia, che studia filosofia buddista al monastero.
Sono state delle giornate intense e piene di emozioni.
Wednesday 7 October 2009
VISITA DEL RECEPTION CENTRE DI MCLEOD GANJ
Oggi decido di visitare il reception centre per rifugiati appena arrivati in India. Devo andare prima al dipartimento dell’informazione e dei rapporti internazionali per chiedere ottenere il relativo permesso. Intanto aspetto per tutte le pratiche prendo informazioni da pubblicazioni disponibili gratuitamente.
Arrivo, quindi, al centro e solo un rifugiato, purtroppo è presente al momento della mia visita. Gli altri sono fuori. Una ventina di Tibetani sono presenti, al momento, nel reception centre. Comincia la mia intervista. Ci presentiamo per rompere il ghiaccio. Naturalmente, lui non parla inglese e per questo una dipendente dell’ufficio mi fa da interprete.
Suo fratello è stato in India per 3 anni, diventando un monaco. Dopo questo periodo decide di tornare in Tibet dove partecipa alla vita di un monastero. Ma allo stesso tempo decidere di partecipare ad un gruppo politico di azione a favore di un Tibet libero, ponendo poster “Tibet free” e facendo propaganda contro il governo cinese. Egli fu catturato dalla polizia e condannato a nove anni di detenzione. Quando fu rilasciato le sue gambe erano completamente fratturate, in seguito a pesanti torture. Egli morì in seguito a questa condizione. Dopo la morte del fratello si trasferì a Lhasa e dopo aver visitato il padre decide con la moglie di fuggire dal Tibet. Lui, con la moglie e altri 2 amici attraversarono le montagne e dopo 27 giorni di cammino arrivarono in Nepal, dove trascorsero 12 giorni nel transit centre. In totale erano circa 30 rifugiati nel centro. Ora è molto più difficile attraversare il confine. Dopo marzo dell’anno scorso, in cui ci furono vari disordini contro i giochi olimpici, i controlli alla frontiera sono molto più stretti. Dice che in Tibet la situazione è brutta. E’ molto difficile trovare un lavoro e gli stipendi solitamente sono più bassi di quelli cinesi. 30 yen al mese sono veramente pochi per vivere. Ora si sente rilassato e dice che vorrebbe aprire una sua attività, perché è difficile trovare lavoro in India, anche da autista.
Prima di marzo dell’anno scorso arrivavano al centro circa 2000 rifugiati, ora ne arrivano la metà.
Tuesday 6 October 2009
VISITA DEL TCV DI MCLEOD GANJ
Giornata dedicata alla visita del TCV, Tibetan Children Village di McLeod Ganj. Il secondo della serie, è il primo TCV costruito in India dall’inizio dell’esilio, nel 1960. Ospita circa 2000 studenti, dei quali il 70% proviene direttamente dal Tibet, la rimanente parte da famiglie tibetane che risiedono in India, ma che non hanno sufficiente denaro per mandare i figli a scuola. Gli student,i che hanno un’età compresa tra i 3 e i 16 anni, vivono distribuiti in 42 homes, ognuna dei quali ne ospita 30-35, due ostelli per ragazze, nei quali trovano sistemazione le studentesse della decima classe, e due ostelli per ragazzi, quelli della nona e decima classe. Fino all’età di 5 anni i bambini vivono nella baby room.
Trecento persone compongono lo staff interno, tra personale d’ufficio, insegnanti, home mothers e manutentori.
Gli studenti si svegliano alle 5.30 ed entro le 7.00 devono essere pronti per il momento della preghiera che dura fino alle 8.30. Poi ha sede un’assemblea per circa 30 minuti e alle 9, finalmente, le lezioni cominciano e terminano alle 16.00.
Dall’alto noto un camioncino che si trova all’angolo del campo di calcio. Una decina di studenti stanno scaricando dei sacchi di calce, sembrano pesanti per loro, si aiutano a vicenda, ma il loro sforzo si nota sui loro visi. I loro pantaloni blu sono ormai diventati bianchi, sembrano quasi degli imbianchini in quello stato. Prima di ritornare alle loro classi, si lavano alla fontana là vicino, con le mani bagnate si strofinano i pantaloni cercando di pulirli il meglio possibile.
Ho gironzolato per la scuola per oltre 4 ore, incuriosito dalle attività degli studenti. Dei ragazzi provano, nel campo principale, il salto in lungo, con una curiosa rincorsa, gli altri ragazzi che assistevano erano armati di piccone per spianare il terreno dopo il salto. Sembrava che stessero zappando il terreno per una semina. E poi lezioni di educazioni fisica si sono avvicendate per tutta la mattina. Vari sport, in varie sezioni del campo, venivano praticati, il calcio, la pallavolo, il cricket, lezioni di movimento a corpo libero, ping pong. Vado in giro per le classi, fotografo alcune classi vuote, solo gli zaini lasciati sulle sedie davano una sensazione di presenza umana. I banchi di legno molto vecchi, penso risalenti all’apertura della scuola, si aprono e sotto si trovano i quaderni degli studenti. Su una bacheca noto dei compiti di matematica sul cubo, dove gli studenti hanno affisso la propria esercitazione. Scendo nell’atrio abbastanza buio, dove sole dei finestroni davano un po’ di luce all’ambiente, vedo una lavagna e sopra c’è scitto:”At the time of my death, if a majority of the people feels that the Dalai Lama is no longer relavant, then this institution will automatically cease-HH the Dalai Lama”. Un ragazzo che si affaccia dalla porta di una classe mi invita ad entrare e io naturalmente accetto, i compagni cominciano a scherzare sulla mia presenza lì, un estraneo molto diverso da loro, si divertono quando scatto delle foto e quando vado via mi salutano in coro.
Una ragazzina della sesta classe si trova accanto alla porta d’ingresso della sua classe. Sembra triste, forse è là in castigo per qualcosa che ha fatto, la sua figura dal basso delle scale contrastava con il luminoso finestrone , guardava fuori degli altri suoi compagni e non si cura della mia presenza, ad un tratto però mi sente e si gira verso di me con i suoi occhi grandi e non dice niente, la saluto, ma non mi risponde.
E’ arrivato il momento del pranzo. All’1.00 i ragazzi si dirigono verso le loro home o gli ostelli dove vivono. Ne seguo un paio e arrivo nella loro home, salgo le scale e i ragazzi che aspettavano il pranzo mi guardano con un’aria strana. Arriva una ragazza che porta i piatti di metallo, un’altra porta un pentolone pieno di riso bianco e poi arriva un altro pentolone pieno di una salsa giallastra, forse curry. Iniziano tutti insieme a dire qualcosa, presumo che dicano delle preghiere, inizia così la distribuzione del cibo, tutti sono contenti. La home mother dà loro ciascuno una mela.
Il pranzo viene preparato la mattina dalla “madre” e da 2 studenti, in modo tale che essi imparano a cucinare e a essere indipendenti una volta che finiscono la scuola.
Vado ancora in giro e vedo ragazzi che lavano per terra nelle loro case, altri che lavano i piatti e le padelle, altri che si lavano i capelli sotto una fontanella, altri che tagliano delle verdure. Tutti sono indaffarati a fare qualcosa.
Salgo delle scale e mi trovo in una prima classe. Dentro ci sono 4 ragazzini di 6 anni, li saluto e loro mi salutano, mi fanno vedere i loro colori, un altro cancella la lavagna, sono così simaptici. Uno ha un cappello giallo e rosso e gli mancano due denti davanti, saltella con gli altri e si divertono davanti la mia macchina fotografica. Una bambina è così tenera, con i suoi capelli a baschetto, scherza e si prendere a bacchettate sul sedere. Quanto sono innocenti.
Monday 5 October 2009
VISITA AL GYUTO RAMOCHE TEMPLE
Ieri ho incontrato un monaco e parlandogli di quello che sto facendo in India mi ha proposto di andare insieme a visitare un monastero qua vicino. Alle 10 ci incontriamo e prendiamo 2 autobus per arrivare l‡. Appena arriviamo si intravedo gi‡ i primi monaci, ai lati le palazzine nuove dove vivono e in fondo il monastero di recente costruzione, regalo del Giappone al Dalai Lama, mi dice il monaco che mi accompagna. Entriamo a vedere il tempio e alle 11.30 un monaco suona il gong per richiamare tutti i monaci a pranzo. Si riuniscono tutti in una mensa dove viene servito della zuppa, riso e vegetali. Ognuno prende quello e quanto gli pare. Siedono a gruppi 8-9 persone. Non hanno i bicchieri per l’acqua ma solo una caraffa da dove devono senza perÚ toccare con le labbra il becco. Finito il pranzo, alle 11.50 un altro monaco suona il gong per richiamare i monaci alla preghiera di mezzogiorno. I monaci si preparano vestendo la toga arancione che indica un grado pi_ alto. Sono presenti, penso all’incirca 300 monaci, seduti su delle panche rosse morbide, parallele tra di loro e poste perpendicolarmente all’ingresso. Pregano per oltre 45 minuti con vari riti. I monaci pi_ giovani siedono nelle due panche pi_ lontane. Ad un certo punto entra nel tempio un monaco che si toglie le scarpe e si stende pi_ volte su un tappeto per compiere il rito della preghiera e, una volta finito, prende un mazzo di soldi e comincia a distribuirli tra i vari monaci. Riesco a sbirciare notando, ma non sono sicuro 150 rupie a testa. Il monaco che mi accompagna mi dice che quelli sono soldi provenienti dagli sponsor. L’atmosfera era molto spirituale anche se pi_ volte vari monaci sbadigliano e sembrano annoiati.
Dopo il monastero mentre aspettavamo l’autobus entriamo in piccolo negozio dove offrivano del chai e del riso tipico tibetano preparato con della frutta secca. Avevano messo all’ingresso un foulard bianco in segno di apertura dello shop, cioË che quel giorno il cibo offerto era gratis. Ritornando al paese ci fermiamo alla libreria tibetana e alla sede del parlamento tibetano che si riunisce due volte l’anno. Che strana sensazione vedere quella stanza e pensare che il governo del Tibet si riunisce in India e non in Tibet per discutere i problemi del Paese.
Affaticati dalla lunga camminata in salita ci sediamo ad un coffee shop e davanti ad una tazza di the cominciamo a parlare un po’ di noi. Il monaco vive in una stanza senza bagno e cucina, fatta di lamiera. Paga 500 rupie al mese, vale a dire non pi_ di 8 euro. Purtroppo non si puÚ permetter di pi_. L’unica sua fonte di guadagno Ë nel fare la guida ai turisti. Mi dice che ha un problema al fegato, ma purtoppo non si puÚ permettere le cure adeguate. Per lui andare a Delhi in un buon ospedale significherebbe spendere troppo soldi che non ha. Gli dico di quanto noi occidentali ci lamentiamo di cose stupide, non capendo quali sono i veri problemi. Mi dilungherei troppo ora su questo argomento. Ha vissuto per 10 anni in un monastero al Sud, dove aveva cibo e alloggio gratis. Ma lui preferisce essere libero, anche nelle condizioni in cui ritrova. Fredoom mi continuava a ripetere. La giornata Ë stata molto piacevole e diversa dal solito. E stato interessante confrontarsi con lui. Domani mi aspetta la visita del Tibetan Children Villane. Un saluto a tutti.
Sunday 4 October 2009
PRIMO GIORNO A DHARAMSALA
Primo giorno trascorso a Dharamsala, famoso per essere la sede del famoso Dalai Lama e del governo tibetano. Tanti turisti girano per le strade. Sembra di essere in Tibet, tanti monaci girano per le strade, frequantano i caffe', i negozi, insomma la vita normale di tutti i giorni, tanti poster per il Tibet libero, bancarelle di oggetti provenienti dal Tibet. Visito il museo dove e' raccontata in breve, attraverso bacheche scritte e fotografia la storia tibetana, in particolarea partire dall'invasione cinese. Una vasta area e' dedicata ai soprusi che i Tibetani devono subire da parte del governo cinese. Visito anche il complesso monastico principale della citta', che pero' non mi entusiasma eccessivamente. Per strada incontro un monaco e parlando del mio reportage msi propone di accompagnarmi domani a vedere dei monasteri intorno e ne sono molto contento. Andro' a vedere un monastero dove sono presenti 5oo monaci. Facendo un giro un po' fuori dal centro vicino al bosco, noto anche delle scimmie che si arrampicano, inseguite dai cani randagi la' intorno. E' una scena divertente che mi lascia un sorriso stampato.
SULLA VIA PER DHARMSALA CON IL MIO PORTAFORTUNA
Dopo 5 giorni con Hanna, Denny ed Andy è ora di ripartire di nuovo da solo. Forse ci rivedremo tra una decina di giorni per vedere il Dalai Lama insieme. MI aspettano 10 ore di autobus per raggiungere Dharmsala, là dove risiede il governo tibetano in esilio. Lascio manali dove mi sono rilassato e divertito con i miei compagni di viaggio, pianificato il da farsi per i prossimi giorni e lavorato alle foto scattate nei giorni scorsi.
Prima di partire avevo in mano il mio portafortuna, di cui non vi ho mai parlato, un braccialetto di plastica di colore arancione con delle venature più chiare, il dorso arrotondato. Appartiene ad una persona molto importante e ogni volta che lo prendo tra le mie mani, lo sfioro, lo faccio girare, delle sensazioni intense mi coinvolgono, ma allo stesso tempo mi danno molta malinconia. Ascolto ora “Let’s come together”, seduto in fondo , con una sola luce giallastra che illumina il corridoio, un’atmosfera così cupa e sonnolenta, torno indietro negli anni, la ascoltavamo insieme ad alto volume e ci emozionavamo, come ora mi sto emozionando, ripercorrendo con i pensieri una scala in discesa.
Eccomi A Dharmsala alle 6 del mattino, il sole si è appena alzato e le strade cominciano a brulicare di gente. Inizia un altro capitolo. Buona giornata a tutti.
Thursday 1 October 2009
3 GIORNI IN GIRO TRA LE MONTAGNE DELL'HIMALAYA
Appena tornato dal mio tour di 3 giorni in giro tra le montagne dell'Himalaya. Piu' di 500 km per la maggior parte su strade sterrate. Ne ho mangiata tanta di polvere. Ma i paesaggi montani che ho visto hanno ricompensato tutta la fatica del viaggio. Prima tappa e' stato il lago Moriri a 4600 m s.l.m. Mamma che freddo che faceva. Ho dormito insime ai mie compagni di viaggio in una guesthouse fantastica, senza acqua corrente, ci si e' dovuti accontentare dell'acqua a secchi. Nella stanza il tappeto era impregnato di polvere e il resto ve lo lascio alla vostra immaginazione. Il lago blu con le montagne intorno innevato che si rispecchiavano sul pelo dell'acqua. Accanto c'era un enorme pascolo dove greggi di pecore, cavalli, yak, asini pascolavano indisturbati al calare del sole, il quale riscaldava questa fredda terra. L'atmosfera era fantastica. Le persone del villaggio estremamente povere. Abbiamo mangiato in un ristorante sotto una tenda, senza pavimento. Una ragazza cucinava davanti a noi e poi lavava i piatti per terra con acqua riscaldata in padella. E tutto sembrava irreale, ma vero. Davanti ad un piatto caldo di noodles e a una tazza di the e ad una chiacchierata, il freddo non si sentiva piu'. Altri due giorni di viaggio mi hanno portato a Manali.
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